Per quasi venti anni, fra il 1990 e il 2009, non si è più scavato a Vetulonia. Il lavoro degli archeologi è ancora infinito sulla collina della vecchia Colonna di Buriano, ma spesso deve affrontare difficoltà a volte insuperabili. Solo nel 2009, larcheologa Simona Rafanelli, direttrice del museo di Vetulonia, decide che è ora di rompere ogni indugio e convince la soprintendenza a riprendere gli scavi là dove si era fermato Falchi a fine '800 e dove non si erano spinte le ricerche degli anni '80 del secolo scorso.
La riapertura delle operazioni di scavo nel quartiere etrusco-romano della città di Vetulonia, in località Poggiarello Renzetti, ha riportato alla luce parte di una grande domus urbana, del III secolo avanti Cristo, articolata, nel settore orientale, in un'area riservata allo stoccaggio delle riserve alimentari, custodite entro grandi orci (dolia) rinvenuti in posto ancora in piedi e in anfore vinarie e olearie, e forse alla produzione di alimenti specifici, funzionali all'economia domestica, come sembra suggerire il piccolo ambiente lastricato in pietra destinato presumibilmente alla lavorazione delle olive.
Nell'area occidentale della domus, si sviluppava invece il settore residenziale e di rappresentanza, comprendente un vano rettangolare che conserva intatto il piano pavimentale in coccio pesto. La qualità degli arredi marmorei recuperati, unitamente a quella degli intonaci dipinti sulle pareti ed alla tipologia della pavimentazione, concorre ad evidenziare un ruolo di rilievo dell'ambiente all'interno della casa, presumibilmente identificabile con quello del triclinium, ove i signori della domus si ritrovavano a consumare i pasti distesi sui letti conviviali (klinai).
Adiacente ad esso, e quindi integrato nella parte residenziale dell'abitazione, si estende un ampio vano interpretabile come un ambiente di prestigio e di rappresentanza, il possibile tablinum, caratterizzato dall'occorrenza di un rivestimento pittorico assimilabile, nell'ornato, ad una sorta di primo stile pompeiano e di un piano pavimentale in opus signinum caratterizzato dalla ricercatezza degli elementi decorativi, ottenuta mediante l'inserimento nella trama del battuto in coccio pesto di tesserine di colore bianco e grigio scuro disposte a comporre motivi geometrici. Il vano sembra far sistema con uno spazio antistante, candidato a rivestire la funzione di atrium della domus affacciata sulla via dei Ciclopi, parallela nell'andamento alla cosiddetta via Ripida sulla quale si apre la cosiddetta domus di Medea. Il materiale ad oggi recuperato nel riempimento dei vani riportati in luce, databile fra il III ed il I secolo a.C., consente di fissare la data di distruzione della domus nei primi decenni del I secolo a.C., forse in concomitanza con le azioni di rappresaglia operate da Silla ai danni delle città etrusche che si erano schierate con Mario, all'indomani della vittoria riportata sugli eserciti di quest'ultimo.
§ Museo Civico Archeologico ISIDORO FALCHI : LA DOMUS DEI DOLIA
Testi tratti su concessione dal libro: Musei di Maremma - Il Museo Civico Archeologico Isidoro Falchi di Vetulonia, Andrea Semplici, Edizioni Effigi, 2015; La Maremma dei Musei, Andrea Semplici, Edizioni Effigi, 2012.
Fotografie di Opaxir [2,3,6,7,8] e di Andrea Semplici [1,4,5]
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