Poggio Buco - Necropoli Etrusca

Coordinate: 42.588175 N, 11.583904 E
Pitigliano
Poggio Buco

A circa nove chilometri da Pitigliano in direzione di Manciano una strada bianca sulla sinistra, dopo il ponte sul fiume Fiora, conduce a un’importante città etrusca conosciuta con il nome di Poggio Buco, per i numerosi locali ipogei rinvenuti nelle sue pendici. L’importante centro sorse in una posizione naturalmente difesa, su un pianoro a forma triangolare i cui ripidi versanti erano delimitati da tre corsi d’acqua (i torrenti Bavaso, Rubbiano e il fiume Fiora).
Questa particolare conformazione idrogeologica favorì l’impianto di insediamenti protostorici risalenti alla fase finale dell’età del Bronzo, poi abbandonati tra il IX e l’ VIII secolo a. C. per quella tendenza a concentrarsi in località dove comunicazioni e scambi erano più facili.
Sul finire dell’VIII secolo il pianoro tornò ad essere abitato in seguito all’espansione che elevò Vulci a ruolo di protagonista di gran parte del territorio bagnato dal fiume Fiora, principale arteria che collegava la costa dall’entroterra.
Il nuovo abitato etrusco, protetto da un fossato e da una cinta muraria di tre chilometri, si estendeva sul pianoro tufaceo delle Sparne (o Carboniere del Fiora). Le ricerche archeologiche hanno riportato alla luce, oltre ai resti di abitazioni, di una piazza, di opere difensive e di strade lastricate, anche quelli di un tempio antico (secondo alcuni studiosi si tratterebbe di una residenza principesca) che doveva sorgere al centro delle abitazioni. Frammenti di blocchi di tufo, mattoni, terrecotte architettoniche, offerte votive, monete, iscrizioni etrusche furono trovate sparse nella zona e in alcuni pozzi intagliati nella roccia (A. Maggiani - E. Pellegrini 1985).
Intorno all’abitato le estese necropoli di Poggio Buco, Valle Vergara, Selva Miccia e Podere Insuglietti, testimoniano i periodi di maggiore fioritura dell’antico insediamento. Lo studio dei corredi e delle tombe indica che la città ebbe un periodo di notevole floridezza nel VII e fino alla metà del VI secolo a. C.; poi la vita cessò per circa due secoli (forse a causa di una guerra coi centri limitrofi) e riprese più modestamente nel III - II secolo a. C. dopo la conquista romana del territorio vulcente (280 a. C.).
Poggio Buco è stata talora identificata con l’etrusca Statnes o Staties e con la romana Statonia a seguito del ritrovamento, nei pressi delle mura, di alcune ghiande missili, cioè proiettili in piombo largamente usati nell’antichità, recanti l’iscrizione etrusca Statnes o Staties, ma ritrovamenti analoghi in località limitrofe hanno fortemente ridimensionato l’ipotesi, mentre altre possibilità sono state avanzate circa l’identificazione di Statonia.
Le necropoli di Poggio Buco presentano varie tipologie di tombe tutte scavate nel tufo, riconducibili a due diverse serie evolutive: quella più antica, della fine dell’ VIII secolo e dei primi decenni del VII e l’altra che va dalla metà circa del VII a gran parte del VI secolo a. C. (E. Pellegrini 1999).
Il periodo più antico è caratterizzato da fosse rettangolari di una certa profondità (dai 3 ai 5 metri) in genere coperte da lastroni di tufo. Questa tipologia si evolve nelle tombe a fossa con uno o due loculi laterali, in cui era deposto il cadavere chiuso da lastre di pietra. In parte coeve a queste ultime sono le prime tombe a “camera” caratterizzate da una piccola scalinata che immette in un vestibolo scoperto dal quale si accede alla camera sepolcrale.
L’altro tipo di sepolture è dato dalle tombe a “camera”, in genere precedute da dromos, con più vani comunicanti fra loro, architettonicamente rifinite con soffitti scolpiti a cassettoni o a falsa trave centrale. Si tratta di tombe gentilizie che documentano la presenza a Poggio Buco di un ceto aristocratico dominante (E. Pellegrini 1999).
La ceramica rinvenuta attesta scambi e influenze principalmente con la vicina Lucumonia di Vulci. Pregevoli sono i grandi vasi di bucchero, le ceramiche orientalizzanti e gli eleganti vasi corinzi, alcuni dei quali conservati nel Museo Civico Archeologico di Pitigliano.
Rilevante è la presenza di una grande galleria di epoca etrusca in località Insuglietti, lunga oltre 50 metri, alta 3 e larga circa 4, a cui è affiancata una tomba aristocratica di età arcaica con le pareti scolpite a finta travatura. La galleria termina in un cunicolo quasi completamente interrato. Sul soffitto vi sono tre bocche di pozzo di grossa dimensione.
In località Selva Miccia, nei pressi dell’antica strada che da Poggio Buco conduceva a Vulci, è stata scoperta una tomba a camera sormontata da un dado sagomato di notevoli dimensioni (seconda metà del VI secolo a. C.), di cui si avevano notizie già dalla fine del XIX secolo.
Sull’altura delle Sparne si trovavano i resti, ormai quasi del tutto scomparsi, della chiesa templare di S.Maria in Vinea.
Davanti a Poggio Buco, sulla riva opposta del Fiora, si trovano i ruderi di Castel dell’Aquila. Il sito è raggiungibile dalla S.R. 74, prendendo la strada del Meletello poco dopo la chiesa della Madonna delle Grazie.

Documentazione fotografica

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Poggio Buco: strada di accesso alla necropoli, entrare a piedi. [2]
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Necropoli di Poggio Buco: tomba a camera S-POC 01 [3]
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Necropoli di Poggio Buco: gruppo di tombe riutilizzate come stalle e magazzini [4]
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Necropoli di Poggio Buco: gruppo di tombe con apertura semiinterrata [5]
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Necropoli di Poggio Buco: tombe a schiera sulla parete della via cava (da est) [6]
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Necropoli di Poggio Buco: tomba del secondo settore sotto l'abitazione privata [7]
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Necropoli di Poggio Buco: successione di tombe del secondo settore [8]
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Necropoli di Poggio Buco: tombe a camera del secondo settore [9]
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Necropoli di Poggio Buco: altra stupenda tomba a camera [10]

Fonti

Testi e immagini tratti dal libro "Pitigliano - Alla scoperta della città e del suo territorio", Angelo Biondi e Franco Dominici, Edizioni Effigi, Arcidosso, 2013.

Fotografie di Maurizio di Giovancarlo [1], Walter Fioramonti [2-9], autore ignoto [10].

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