A Insuglietti, località limitrofa a Poggio Buco e Le Sparne, nel comune di Pitigliano, si trovano i resti di una vasta area sacra e di una complessa struttura megalitica: un osservatorio astronomico preistorico risalente allo stesso periodo (Terzo millenio a.C.) e attribuibile alla stessa cultura (Rinaldoniani) di quello di Poggio Rota.
L'insieme dei megaliti che lo compongono, il puntatore solstiziale e le tombe di epoca etrusca presenti nelle immediate vicinanze, fanno pensare ad un'assidua frequentazione del luogo, fin dalla preistoria, e intensamente in epoca etrusca.
L'antichità del complesso è suggerita dalla forte erosione litica e da un modello di tempio arcaico, molto diverso dalle successive opere etrusche di età classica. In questi megaliti la pietra non fu squadrata, ma solo tagliata e sgrossata, mentre nelle opere etrusche la pietra venne finemente lavorata, secondo precise proporzioni volumetriche e geometriche.
Il monumento, a forma ellittica, è composto da una decina di enormi megaliti affiancati, alti tra i due e i tre metri e larghi circa quattro metri. Il disegno d'insieme, visto dall'alto, ricorda note figure simboliche: meandro, labirinto, spirali che richiamano parti anatomiche come gli intestini e l'utero. La simbologia sembra alludere alla forza creatrice femminile della terra e del sottosuolo. Scure, imponenti e silenziose, le grandi pietre troneggiano nella penombra del bosco di querce. I segni della lavorazione sono ben visibili, ma è anche evidente che gli artefici scolpirono ciò che madre natura aveva già predisposto: un cerchio ellittico di megaliti vulcanici, ognuno separato dall'altro da uno stretto passaggio dove solo una persona per volta può insinuarsi.
Le grandi pietre sono ricoperte di fori, cavità, nicchie, alcune frutto di erosione, molte scavate da mano umana. Spesso le cavità appaiono disposte in file, come allineate secondo una studiata simmetria. Gli angusti passaggi a corridio tra un masso e l'altro, vere strettoie, ricordano gli stretti passaggi dei labirinti etruschi (Vulci, Chiusi, Tuscania), i cunicoli e le vie cave. Passaggi nell'interiorità delle terra, lì dove per gli antichi fluiva il potere tellurico della dea creatrice.
A sud del cerchio di pietre, appena al di fuori della struttura, si alza da terra una colonna squadrata che emerge da un'allungata piattaforma di pietra. Sulla sommità della colonna (alta 1,20 mt e larga 50 cm cira) è tagliata una stretta e dritta fenditura che l'attraversa per tutta la sua ampiezza; poggiando la bussola su questo taglio viene indicato il sud-est (solstizio invernale). La colonna aveva la funzione di indicatore (puntatore) spaziale. Ancora non c'è una risposta sicura; però, nel sito analogo di Poggio Rota, a una decina di chilometri di distanza, si ritrova la medesima situazione: un cerchio di megaliti e una pietra squadrata simile a quella descritta, con un'identica fenditura, in questo caso orientata verso sud-ovest (solstizio estivo).
Cosa raccontano questi erosi macigni?
Alcuni elementi ricorrenti forniscono indicazioni non irrilevanti: la colonna squadrata, l'orientazione spaziale, le nicchie e le cavità di probabile uso cultuale, gli stretti passaggi a corridoio, rivelano l'esistenza di un "tempio" megalitico dove si officiava il culto e, contemporaneamente, si osservava il moto degli astri per la misurazione del tempo. Se le grandi pietre furono lavorate, come sembra probabile, da una sconosciuta civiltà pre-etrusca, sono numerosi anche i segni di una frequentazione del sito fino ad epoca etrusca.
Testi e immagini tratti dal libro "Dalla Preistoria agli Etruschi", Alberto Conti e Giovanni Feo, Edizioni Effigi, Arcidosso, 2016, da "Geografia Sacra", Giovanni Feo, Edizioni Effigi, Arcidosso, 2015 e da "La più antica civiltà d'Italia - Origini e diffusione della cultura di Rinaldone", Alberto Conti e Giovanni Feo, Edizioni Effigi, Arcidosso, 2019.
Foto di TAGES Associazione Culturale [1-9] e di Walter Fioramonti [10].
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